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Entriamo nel vivo del nostro lavoro parlando di branding, strategie di marca efficaci e di personal branding.
Oggi la mente del consumatore (divenuto consum-attore perché dispone di tutte le informazioni che gli permettono di compiere una ponderata scelta d’acquisto tra un prodotto ed un altro) è sovraffollata e bombardata da immagini, prodotti, aziende, pubblicità, simboli, bisogni ed esigenze.
Sono proprio i bisogni (se non l’avete mai letto, vi suggeriamo caldamente di documentarvi sulla Teoria dei Bisogni di Maslow) che spingono il consumatore a scegliere tra un prodotto ed un altro, per porre fine a questo stato di insoddisfazione profondo.
Ed è proprio in questo preciso istante che entra in gioco la marca perché il consumatore sceglierà, tra le infinite possibilità che offre il mercato, il brand che più incarna il suo sistema di valori e sentimenti.
Quindi la marca altro non è che il veicolo principe attraverso cui le aziende trasferiscono i propri valori in testa alla classifica delle percezioni del consumatore. Chi acquista oggi, non acquista solo un semplice prodotto (soprattutto quando si tratta di scegliere tra prodotti che rientrano tra le marche premium price) ma acquista valori, sentimenti, aspirazioni e soprattutto la soddisfazione del proprio ego e del proprio self-esteem.
Innanzitutto cominciamo a dire che la marca è un asset intangibile e fa parte del patrimonio genetico e strategico di un’azienda.
Secondo Kotler, il padre di tutti coloro che si occupano e lavorano nel marketing, il brand altro non è che:
“Nome, termine, simbolo, design o una combinazione di questi che mira ad identificare i beni o i servizi di un’impresa o di un gruppo di imprese, e a differenziarsi da quelli dei concorrenti” [Kotler, 1993].
Quindi il brand altro non è che un nome e un simbolo distintivo che serve ad identificare i beni e servizi di uno o più venditori e a differenziarli da quelli di altri concorrenti. La marca segnala al cliente l’origine del prodotto e costituisce sia per il compratore che per il produttore, una protezione dalla concorrenza, qualora tentasse di fornire un prodotto apparentemente identico.
Pur essendo elemento intangibile, racchiude in sé questi elementi:
Il nome è l’indicatore cardine della marca, è il fondamento della notorietà (brand awarness) e della comunicazione e la sua peculiarità è quella di descrivere il prodotto mediante associazioni valoriali. La scelta e la formulazione del nome di una marca in fase di naming è un momento critico: quando scegliamo un nome, assegniamo una buona o cattiva sorte ad un’azienda e ad un progetto/prodotto.
Dare un nome non significa solo sceglierlo, ma significa colpire la sensibilità di un consumatore, inducendolo ad adottare o rifiutare un determinato prodotto o una marca [Ruggeri, 2003]. Quindi la componente verbale di un brand è un momento critico. Diverse e infinite le possibilità che avrete e che potete usare. Qui le diverse alternative tra cui poter scegliere:
Diverse possibilità che avrete a disposizione, utilizzando una sola parola:
La marca può essere composta da più parole:
Potete utilizzare lettere e cifre (c.d. marche numeriche) per identificare un prodotto: un esempio è dato da Peugeot 306.
La marca può essere una sigla: un brand può essere una contrazione di nome oppure di una ragione sociale: ad esempio A.R.C.I. (Associazione Culturale Ricreativa Italiana).
Prestate sempre attenzione nella scelta del nome e delle connotazioni che può avere un brand in altri Paesi. Simpatico (per chi legge) l’esempio dato da Toyota MR2: la lettura di questa sigla nella lingua francese evoca connotazione e significati non propriamente automobilistici. È buona norma far analizzare foneticamente il nome facendo dei test di mercato, per evitare di incappare nell’errore di Toyota e della sua sportiva MR2 perché ciò che in Italia ha un significato positivo, in altri Paesi può avere:
Se volete creare un brand naming globale dovete seguire 3 criteri:
Dopo aver seguito questi spunti, dovete lavorare sul vostro logotipo, sul simbolo e sul pay-off (slogan).
In una determinata categoria merceologica può accadere che aziende e prodotti si assomiglino un po’ tutti.
Per evitare questa omologazione di prodotto/brand legata al medesimo territorio competitivo di marca, bisogna fare leva su un elemento differenziante: il simbolo.
Come sosteneva Samuel Taylor Coleridge in Biographia Literaria, “Un’idea, nel significato più alto di questa parola, si può comunicare soltanto mediante un simbolo”. Questa citazione è calzante per tutto ciò che vogliamo comunicare di un brand/prodotto: il simbolo, il logotipo, l’elemento segnico di una marca (nome+simbolo) è la summa sintesi del sistema di offerta di un’azienda. Attraverso il logotipo si può identificare una determinata categoria di prodotti, attraverso il simbolo rappresentativo di un brand, possiamo attivare nella testa dei consumatori un universo fatto di valori e connotazioni, positive o negative a seconda dell’esperienza legata all’acquisto o all’uso di un determinato prodotto o servizio.
Risulta fondamentale l’identificazione e la scelta di un simbolo distintivo per la nascita di un logotipo perché attraverso il segno visivo noi decretiamo il successo o l’insuccesso di un brand, la fedeltà alla marca (brand royalty) e la percentuale di ricordo di un brand (brand recall se è Top of Mind o meno) nella testa dei consumatori. Il simbolo è fondamentale (si pensi al forzuto marinaio di Mastro Lindo per esempio) e la sua scelta è cruciale; diverse le considerazioni da fare in merito riguardo al simbolo; esso deve:
Accanto al binomio brand name – simbolo è bene associare una connotazione aggiuntiva: il pay-off o slogan. Lo slogan ha grande importanza perché rispecchia le strategie di posizionamento (product positioning e brand positioning) di una marca all’interno di un contesto operativo e competitivo (brand territory). A cosa serve uno slogan e come possiamo renderlo utile ai nostri scopi?
Avete un brand e volete aumentare il valore della marca (brand equity), per poter far questo dovrete attuare le giuste strategie di branding. In passato l’imprenditore/Ceo/brand manager era solito gestire un’unica marca legata ad un solo prodotto (visione classica del branding) in un solo mercato. Oggi i brand manager devono fronteggiare contesti iper-competitivi, con un portafoglio di marche ampio, a cui sono legati prodotti diversissimi e appartenenti a settori differenti e mercati Paese differenti. Quindi come possiamo ottimizzare un brand portfolio da un punto di vista strategico? Un libro che vi suggerisco di leggere è scritto da David Aaker “Brand Equity”, cui ci ispiriamo per il nostro lavoro, il quale afferma che oggi, il lavoro del brand manager è cambiato rispetto al passato perché, rispetto a decenni addietro, è costretto a fronteggiare una concorrenza spietata, utenti finali competenti e informati, prodotti succedanei, attacchi frontali e laterali da parte di concorrenti del medesimo o di altri settori. Gestire una marca per preservarne il valore e incrementarne l’equity, non è impresa semplice: bisogna essere in grado di gestire un brand portfolio ampio. Il ruolo di questa figura all’interno di un’azienda multibrand è importantissimo perché il brand manager deve essere in grado di gestire le estensioni, capire quali sono i mercati più profittevoli e soprattutto deve avere una visione strategica ampia in grado di tutelare l’identità di marca.
Abbiamo deciso di condividere con voi, un paio di libri che possono tornarvi utili per la vostra formazione e che noi consultiamo sempre perché attuali, nonostante siano stati scritti una decina di anni addietro. Sono linfa vitale per il nostro lavoro e la nostra cultura professionale.
“Marketing Strategico” del Prof. Enrico Valdani e Fabio Ancarani, edito da Egea
“Il nuovo manuale di tecniche pubblicitarie – Il senso e il valore della pubblicità” a cura di Marco Lombardi, edito da Franco Angeli
“Marchio” di Roberto Monachesi, edito da Lupetti Editore
“Brand Equity” di David Aaker, edito da Franco Angeli
Per i canvas sul personal branding vi rimandiamo a fare una ricerca su google sui modelli sviluppati da Luigi Centenaro
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